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l'altro punto di vista

L’affaire della colata

di Raffaele Lungarella

La colata per la realizzazione, nella campagna della frazione di Idice di San Lazzaro, di un nuovo paesello di 600 abitazioni, è diventata una faccenda complessa, in cui si intrecciano economia, politica, carriere, paura, casualità, avvocati e magistratura. Ci sono tutti gli ingredienti di un affaire: persino la stampa locale è costretta ad abbandonare la sua ritrosia ad occuparsi delle questioni urbanistiche di San Lazzaro, dopo anni di disinteresse. La materia è in evoluzione. È difficile prevedere come andrà a finire e quali saranno gli effetti della decadenza del piano urbanistico relativo alla colata, voluta dal nuovo sindaco Isabella Conti.

La colata e la betoniera

Il blocco della colata è il risultato delle battaglie, a difesa del territorio, di migliaia di persone, della lista Noi cittadini e dell’abilità del sindaco a cogliere l’opportunità offertale dalla indisponibilità, degli operatori economici titolari dei diritti edificatori, a rilasciare le fideiussioni per l’intero importo previsto dalla convenzione urbanistica.

La colata non è, però, un incidente di percorso, che può essere archiviato ponendovi una pietra sopra. Il proposito di costruire sui terreni interessati dalla colata ha radici antiche (che affondano ne L’affaire dell’ex area Omb www.interessepubblico.info). Il proposito è stato trasformato in realtà da una politica urbanistica, perseguita con continuità dalle giunte e dalle maggioranza che si sono succedute alla guida del Comune, tutta protesa a costruire tre-quattro mila nuove abitazioni, in gran parte da vendere a caro prezzo, di cui San Lazzaro non ha bisogno.

Con grande consumo di territorio agricolo, anche in zone di tutela e di pregio ambientale, in cui l'edificazione è sconsigliata dal buon senso e non prevista dalle norme. Per memoria:

negli ultimi due mandati amministrativi sono stati approvati il Psc (il vecchio piano regolatore), il cosiddetto Pru2, nell’area della nuova Coop e di Conserve Italia, che di riqualificazione ha poco, e molte altre operazioni più o meno rilevanti.

La colata è figlia di questa pianficazione urbanistica ridondante e affamata di territorio. Se si vuole "cambiare verso" alla politica urbanistica di San Lazzaro occorre rimettere mano alle previsioni espansive del Psc. Questa non pare essere, però, l'intenzione della nuova amministrazione, la quale sembra già disposta a trasferire su altre zone del territorio comunale la capacità edificatoria della colata, quasi si trattasse di spostare, nel gioco del risiko, i carrarmatini dall'Alaska ai Territori del Nord-Ovest.

Parole inquietanti

Un ripensamento delle scelte urbanistiche fatte nei due precedenti mandati amministrativi dovrebbe essere interesse anche della nuova amministrazione, la quale non dovrebbe farsi fermare, in ciò, dalla constatazione che il nuovo sindaco quelle scelte le ha approvate e che un assessore della nuova giunta ha ricoperto la stessa carica anche nelle precedenti giunte per 10 anni, 5 dei quali come vice sindaco. Rimettere mano al Psc non ancora operativo non espone ai rischi connessi alla decadenza della colata: è una scelta di politica urbanistica e del territorio.

Se non fossero sufficienti le buone ragioni tecniche, a consigliare di rivedere l’insieme della pianificazione urbanistica cittadina si aggiunge anche una motivazione politica, perfino più importante di tutte le altre possibili argomentazioni.

La sindaca a raccolto la solidarietà anche di don Luigi Ciotti, il sacerdote che per la sua battaglia contro le cosche rischia quotidianamente la vita. Per le dichiarazioni che egli ha rilasciato, la sua interlocuzione con Conti può essere ritenuta anche più significativa di quella che la sindaca ha avuto con Renzi.

Secondo don Ciotti: "Sarà la magistratura a consegnarci chi sta dietro a tutto questo, ma certamente una serie di segnali, da Isabella testimoniati in modo chiaro e categorico, dimostrano questa mafiosità e questa complicità. Qui ci sono giri di imprenditori, di organizzazioni che avevano troppi giochi e interessi, ma l'impostazione del sistema è come fosse mafioso, punto e basta, nella metodologia con cui tutto questo viene fatto".

Sono parole preoccupanti. Inducono a ritenere che, oltre alle pressioni che Conti dichiara di avere subito, già di per sé intollerabili, la vicenda della colata sia figlia di qualcosa di ancora più grave: un'atmosfera di intesa e di complicità nella definizione della politica urbanistica, per la quale il religioso evoca la mafiosità, addirittura.

Stupisce non poco che (ad oggi, 27 gennaio) né dal mondo economico, né da quello politico e neanche da parte degli amministratori comunali, vecchi e nuovi, si sia levata una voce per contestare un quadro così fosco. Quasi che le parole di don Ciotti avessero solo svelata la nudità del re. La disponibilità dell’amministrazione comunale a rivedere il Psc sarebbe il modo migliore anche per archiviare, oltre ogni ragionevole dubbio, le inquietanti parole di don Ciotti.  

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