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DOPO OLTRE 20 ANNI DI ATTIVITÀ CHIUDE LA CHIRURGIA GENERALE DELL’ OSPEDALE BELLARIA

Nel febbraio 2009 è ricorso il ventennale dellapertura del Reparto di Chirurgia generale all’Ospedale Bellaria. Non fu facile allora avviare, in un Ospedale senza tradizioni chirurgiche generali, un reparto nuovo e impostare un’organizzazione complessa come può essere quella di una chirurgia generale.

Pur fra molte difficoltà e attraverso alterne vicende, è stato possibile sviluppare unattività, che nel corso degli anni ha assunto un posto importante nella realtà ospedaliera bolognese ed è diventata un punto di riferimento per molti cittadini utenti che abitano nella parte est di Bologna e in importanti comuni della sua provincia (San Lazzaro di Savena, Ozzano dell’Emilia, Pianoro, Monterenzio).

In questi ventuno anni sono stati operati circa 21.000 pazienti (una media di circa 1.100 interventi all’anno e sono state svolte decine di migliaia di prestazioni ambulatoriali, spaziando in tutti i campi della chirurgia generale e conservando negli anni un flusso constante di pazienti, come hanno sempre dimostrato le liste d’attesa.

Dal dicembre 2003 la Chirurgia generale del Bellaria è stata trasformata in Chirurgia generale ad indirizzo oncologico nell’ambito operativo del Dipartimento Oncologico dell’AUSL di Bologna. In questo ambito sono stati sviluppati in particolare due filoni di chirurgia oncologica: quello relativo ai tumori della mammella e quello relativo ai tumori del colon e del retto.

La programmata chiusura (giugno 2010) della Chirurgia generale ad indirizzo oncologico (rimarrà al Bellaria solo una struttura semplice di Chirurgia senologica) comporterà che questo tipo di pazienti in futuro sarà costretto a rivolgersi ad altre strutture ospedaliere nell’ambito della stessa azienda o addirittura extra-aziendali, con un disagio non solo in termini organizzativi e gestionali per loro e per i loro familiari, ma anche in termini logistici ospedalieri perché andranno a gravare su altre strutture e quindi avranno un forte impatto negativo sulle rispettive liste d’attesa, già così difficili da gestire.

Non va comunque dimenticato che, come dimostrano i numeri sopra riportati, in questi anni anche altri pazienti non affetti da malattie neoplastiche (es. pazienti affetti da malattie benigne di pertinenza addominale e gastro-enterologica) hanno trovato nella Chirurgia generale del Bellaria una valida e pronta risposta alle loro necessità assistenziali. Se verrà confermata la chiusura di tale riparto, difficilmente l’attuale offerta nella realtà metropolitana bolognese potrà soddisfare in futuro l’esigenza assistenziale di questa tipologia di pazienti (come dimostrano le attuali lunghezze delle liste d’attesa chirurgiche), se non a prezzo di notevoli disagi logistici.

Crediamo quindi che sia più che opportuno che l’AUSL approfondisca maggiormente l’analisi della situazione, prima di adottare decisioni definitive che influiranno sulla qualità della salute di una larga parte di cittadinanza bolognese e della sua provincia.

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Risposte a questa discussione

E' ormai più di un’ipotesi la chiusura della Chirurgia a indirizzo oncologico dell'ospedale Bellaria di Bologna; si trova conferma in una nota della Direzione del Dipartimento Oncologico dell’AUSL di Bologna, che ha avanzato la richiesta di sospensione dell’attività chirurgica a partire dal 13 giugno, poiché a partire da quella data sarà disponibile solo un chirurgo. Alla questa chiusura non corrisponde un potenziamento della Chirurgia dell’Ospedale Maggiore. E chiunque conosca lo stato delle liste d’attesa, sa che l’Ospedale Maggiore e il Sant’Orsola non potranno assorbire, senza effetti negativi, il volume di attività svolto in questi venti anni dalla Chirurgia del Bellaria (oltre 21.000 interventi effettuati) si allungheranno quindi i tempi d’attesa per gli interventi. Situazione particolarmente grave, se si considera che presso il Maggiore solo l’84% dei pazienti veniva operato entro i previsti 30 giorni dall’inserimento nella lista d’attesa, percentuale scesa al 64,8% nell’anno successivo: dunque più di un terzo dei pazienti con una grave patologia ha dovuto attendere l’intervento più di un mese.

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